Novità

BMW M1 compie 30 anni

Nell’autunno del 1978 gli appassionati delle auto sportive hanno ammirato la più veloce auto sportiva stradale tedesca: la BMW M1. A trent'anni dalla nascita ricordiamo un mito!

@

BMW M1 compie 30 anni

[21 foto]
BMW M1 compie 30 anni
BMW M1 compie 30 anni
BMW M1 compie 30 anni
BMW M1 compie 30 anni
BMW M1 compie 30 anni
BMW M1 compie 30 anni
BMW M1 compie 30 anni

Si aprirono i cancelli del 64° Salone di Parigi, gli appassionati delle auto sportive non avevano che una destinazione – lo stand della BMW Motorsport GmbH. Lì potevano ammirare un nuovo modello super ribassato ed estremamente dinamico che dimostrava chiaramente già dal primo sguardo di essere la più veloce auto sportiva stradale tedesca: la BMW M1, alta 1.140 mm, potente (277 CV) e veloce (ben oltre i 260 km/h). “Tutti sono corsi intorno alla nuova auto sportiva della BMW con motore centrale – scriveva la stampa – e l’elenco degli ordini in arrivo supera le più rosee aspettative. Per esempio, un appassionato americano di BMW ne ha già ordinati tre esemplari”. Era qualcosa di impressionante, considerando che, nel 1978, la super sportiva BMW aveva un prezzo di esattamente 100.000 marchi, abbastanza per acquistare quattro BMW 323is più un paio di optional extra.

Dalla matita di Giugiaro... Secondo i regolamenti del Gr. 4 dell’epoca, per qualificarsi veniva richiesto un numero di esemplari costruiti non inferiori a 400 unità in 24 mesi, la vettura doveva avere due posti e somigliare esternamente alla versione di serie. Così fu ben chiaro che l’E26 doveva essere non soltanto una vera auto da corsa, ma anche un’auto sportiva stradale. Il problema era che la BMW Motorsport GmbH non era in grado di sviluppare e costruire da sola una simile vettura. Dopotutto, questa squadra di specialisti si era concentrata fino ad allora “semplicemente” nella trasformazione di auto di serie in auto da gara, rinforzando telai e sospensioni e potenziando i motori. Nelle sue linee di progettazione, la nuova coupé doveva chiaramente evidenziare lo stile italiano così speciale. Fu costruita tenendo presente un’auto turbo con portiere ad ali di gabbiano, una concept car turbocompressa creata nel 1972 dal progettista BMW Paul Bracq. Partendo da questo studio di progetto con le sue linee arrotondate, Giorgio Giugiaro creò il profilo filante dell’M1 con le sue linee e con i suoi angoli quasi taglienti. Infatti, Bracq e Giugiaro avevano già collaborato in passato nel creare la BMW Serie 6 coupé.

6 in linea. Per la scelta del motore, la BMW Motorsport GmbH si era concentrata inizialmente su due concetti: studi avanzati di motori di Formula avevano, tra l’altro, portato ad un dieci cilindri denominato in codice M81, un motore a V con i suoi cilindri disposti con un angolo di 144 gradi. Modificato allo scopo, questo motore fu anche esaminato per il possibile utilizzo in un’auto sportiva da turismo. Ma poi l’équipe del Direttore della BMW Motorsport, Jochen Neerpasch, optò ben presto per un nuovo sei cilindri in linea, un concetto di motore già collaudato dalla grande esperienza che BMW aveva acquisito nelle gare con la CSI.

Motore centrale.. Con dimensioni di 4.360 mm di lunghezza, 1.824 mm di larghezza e 1.140 mm di altezza, l’M1 evidenziava la sua genuina propensione sportiva. Infatti, quest’auto a motore centrale montava un propulsore sei cilindri in linea di 3,5 litri posto longitudinalmente davanti all’assale posteriore in grado di sviluppare una potenza massima di 277 cavalli. Denominato in codice M88, questo motore si basava sul sei cilindri di serie unito alla testata con quattro valvole per cilindro proveniente dai motori da gara della BMW CSI. All’interno di questa testata, la sezione inferiore formava la camera di combustione e di raffreddamento, mentre la metà superiore comprendeva i cuscinetti dell’albero a camme ed i bicchierini delle valvole. La miscela aria/benzina veniva convogliata nei cilindri attraverso tre collettori di aspirazione a doppia farfalla dotati di sei farfalle singole da 46 mm e due collettori di aspirazione del diametro di 26 mm per ogni cilindro. Il sistema digitale di accensione, completamente elettronico, rifletteva anch’esso le ultime trovate in materia. La lubrificazione mediante pompa a secco testimoniava chiaramente il DNA sportivo dell’M1, essendo la vettura in grado di raggiungere un altissimo livello di accelerazione laterale. Il carburante veniva fornito al motore da due serbatoi posti ai lati davanti all’assale posteriore di 58 litri ciascuno. La potenza veniva trasmessa dal motore attraverso un cambio ZF a cinque marce collegato al motore per mezzo di una frizione a doppio disco a secco. Il rapporto finale del differenziale prevedeva un bloccaggio del 40 percento.

264,7 km/h: più delle Porsche. Il sei cilindri si dimostrava fluido e privo di vibrazioni ad ogni regime, rimanendo docile anche alle basse velocità. Ma tutto cambiava istantaneamente non appena la lancetta raggiungeva i 5.000 giri/min e l’M88 continuava a spingere l’M1 verso il regime massimo di 7.000 giri, facendo sì che anche i collaudatori più disincantati ne decantassero le lodi: “Una volta che le farfalle sono completamente aperte, si sente una spinta incredibile, spinta che continua ben oltre i 200 km/h. Non c’è necessità di passare in quinta marcia, per esempio, fino a 213 km/h e da quel momento si continua ad accelerare sempre più fino a raggiungere la velocità massima”. Velocità che, come fu riportato dal principale periodico automobilistico tedesco nell’autunno del 1979, era di 264,7 km/h. Anche l’accelerazione da 0 a 100 km/h in 5,6 secondi sembrava molto buona, cosa che non doveva sorprendere considerando il rapporto peso/potenza di 4,7 kg/CV, che facilitava non poco le prestazioni del motore da 277 CV.

Racing inspired. L’M1 fu concepita e costruita per le corse fin dall’inizio con le elaborate sospensioni a doppi bracci oscillanti su ciascuna ruota, ammortizzatori a gas e due barre antirollio. Con l’eccezione della risposta, più orientata al confort, delle parti in movimento e della diversa regolazione delle molle e degli ammortizzatori, le sospensioni ed il telaio della versione stradale erano identici a quelle della versione da gara Gr. 4. Quattro dischi ventilati assicuravano una forza frenante fenomenale a qualsiasi velocità e l’assale anteriore aveva un effetto anti-beccheggio pari al 30%,, il che minimizzava i movimenti del corpo vettura anche in caso di frenata violenta. Infine, i pneumatici 205/50 VR 16 anteriori e 225/50 VR16 posteriori erano certamente, a quei tempi, molto grandi ed imponenti. Un basso centro di gravità, ad appena 460 mm dalla superficie stradale, una carreggiata anteriore di 1.550 mm e posteriore di 1.576 mm, insieme al concetto di motore centrale che permetteva una distribuzione dei pesi di 44,1:55,9 %, rendevano l’M1 un’auto eccezionale nella curve, anche se la vettura richiedeva un pilota molto esperto quando spinta al limite. Cosa tipica per un’auto prestazionale a motore centrale con un basso livello di inerzia sul suo asse verticale, l’M1 richiedeva un veloce e potente controsterzo non appena l’accelerazione laterale superasse un limite ragionevole ed il retrotreno tendesse a scappare. Ma lo sterzo a cremagliera non servo-assistito e con un rapporto diretto di trasmissione era semplicemente perfetto per questo genere di controllo. L’angolo d’incidenza ed un raggio di sterzata limitato servivano allo stesso tempo ad unire la facilità di controllo con un efficace contatto con l’asfalto assolutamente essenziali per il guidatore. Il piantone dello sterzo di sicurezza a due giunti, a sua volta, era regolabile per adattarsi al singolo pilota.

Serie Procar: 490 cavalli! 400 unità della nuova vettura dovevano essere costruite entro 24 mesi per poter ottenere l’omologazione per le competizioni Gr. 4. Quindi, per mettere in pista l’M1 al più presto, il Direttore della Motorsport GmbH, Jochen Neerpasch, si unì a Bernie Ecclestone e a Max Mosley per lanciare la Serie Procar che prevedeva gare subito prima della maggior parte dei Gran Premi europei di Formula 1 nella stagione 1979/80. La grande differenza rispetto alla versione stradale era costituita dal motore della versione racing della Procar: il primo passo per le gare era di mettere a punto il classico M88 sei cilindri nel modo convenzionale, con nuovi alberi a camme, valvole maggiorate, pistoni forgiati, condotti di aspirazione ottimizzati, sistema a saracinesche al posto delle farfalle ed un sistema di carico modificato che portava la potenza a 470/490 CV. Con tale potenza, la versione Procar, che pesava appena 1.020 kg e che disponeva del rapporto di trasmissione più lungo raggiungeva una velocità massima di circa 310 km/h. Montava pneumatici Goodyear da corsa delle dimensioni 10,0/23,5 x 16 davanti e 12,5/25,0 x 16 al retrotreno che, insieme al grande spoiler posteriore, servivano a fornire il giusto grip. Alla guida di una di queste BMW M1 Gr. 4, Marc Surer girò sul Circuito del Nurburgring in appena 7’55”9.
Costruita secondo i regolamenti del Gr. 4, l’M1 non soltanto fu messa a disposizione di cinque piloti di Formula 1 in ogni gara del Trofeo Procar, ma fu anche venduta direttamente dalla fabbrica come prima auto pronta per le gare della BMW Motorsport GmbH al prezzo di 150.000 marchi. Infatti, alcuni dei più famosi team approfittarono subito di questa offerta. Schnitzer e Heidegger portarono le M1 di loro proprietà in pista, proprio come fecero Osella in Italia e Ron Dennis in Gran Bretagna.

1.000 cavalli! Il Gr. 5 comprendeva automobili di produzione speciali derivate da vetture omologate in altre categorie – e questa infatti fu l’unica restrizione. Le prime M1 ad entrare nel Gr. 5 montavano motori aspirati che sviluppavano una potenza massima di quasi 500 CV. Per poter gestire una coppia massima di 800 Nm, queste auto venivano dotate di un cambio Hewland FG 400 a cinque rapporti, con il bloccaggio del differenziale nel rapporto finale che andava dal 75 al 100%, a seconda del tracciato. In seguito, i motori delle M1 del Gr. 5 furono portati a 1.000 cavalli grazie a due turbocompressori. E per trasmettere la massima potenza possibile sulla strada, la carrozzeria della vettura fu modificata con ogni genere di spoiler, rendendo così l’M1 un vero mostro alato. Fu allora che il Team Schnitzer, il principale specialista nella preparazione di BMW, trasformò un’M1 Gr. 5 in quella che fu la più potente auto sportiva del Campionato Turismo, utilizzando una carrozzeria di kevlar su un telaio appositamente rinforzato. Con questo genere di potenza, Hans-Joachim Stuck arrivò primo sia al Nürburgring che al Salzburgring.

Con Andy Warrol alla 24 di Le Mans! L’M1 non era soltanto un’avanzatissima auto sportiva da corsa, ma anche un’eccezionale opera d’arte. Nel 1979, il famoso idolo della pop art Andy Warhol provò di persona a realizzare un’opera d’arte su un’M1 coupé pronta per le gare, utilizzando i suoi attrezzi, pennelli e colori, per far diventare l’M1 una delle più veloci opere d’arte del mondo.
Questa era la quarta Art Car della BMW, in una serie di opere artistiche basata su vari modelli BMW. Warhol fu il primo artista a dipingere direttamente la carrozzeria della macchina con veloci pennellate. “Ma la vettura in se stessa è migliore dell’opera d’arte”, commentò Warhol in seguito. Con il numero 76, la BMW M1 Art Car si battè per il titolo a Le Mans per tutte e 24 le ore, terminando in sesta posizione.

MARCA: BMW

TAG: BMW BMW M1

| Altri
Like us on Facebook